La tempistica per quando riguarda il rientro al lavoro, dopo il periodo di isolamento fiduciario, varia a seconda della gravità del contagio stesso, in pratica sono state individuate tre diverse casistiche, che porterebbero alla conclusione della quarantena.
Un primo caso riguarda i pazienti in isolamento obbligatorio, che hanno effettuato un primo tampone nasofaringeo, che ha dato esito positivo, se dopo 14 giorni risultano negativi a due tamponi fatti a distanza di 24 ore, possono ritenersi guariti e tornare al lavoro.
Caso diverso sono i soggetti che in isolamento domiciliare fiduciario, che manifestano alcuni sintomi, quale febbre, tosse o raffreddore, ma che non sono stati materialmente a contatto di un caso infetto, si parla quindi di una sintomatologia simil-influenzale.
Questi pazienti vengono continuamente monitorati dal medico di medicina generale, il quale non potendo effettuare sistematicamente il tampone, attua un comportamento prudenziale, prolungando il periodo di osservazione da 14 a 21 giorni, a volte anche 28, durante i quali sarà controllato l’evolversi dei sintomi.
Ben diverso il caso in cui i pazienti siano stati contagiati, entrando a diretto contatto con una o più persone contagiate, ma che non hanno effettuato il test con il tampone, ma hanno manifestato i sintomi da Covid.
Dopo un periodo di sorveglianza in cui si è riscontrata l’assenza dei sintomi per almeno 14 giorni, la legge prevede che sia il medico di base, su richiesta dell’Asl, a fare un tampone nasofaringeo, se il risultato è negativo si può dichiarare chiuso l’isolamento e tornare al lavoro.
Al contrario se l’esito è positivo si riconsidera valido un nuovo percorso di 14 giorni, al termine del quale verranno ripetuti i tamponi e si valuterà lo stato di salute del paziente.